CONVERSAZIONE CON CLAUDIO MARENZI

Il CEO di Herno e Presidente di Pitti Immagine ci ha raccontato le strategie messe in atto dalla sua azienda per far fronte a questo periodo difficile, ma ci ha anche parlato di sostenibilità, del futuro di Pitti Uomo e non solo.

Partiamo dal presente. Come sono andate le vendite nei negozi della stagione autunno inverno 2020, ormai in fase finale?

Purtroppo la situazione è andata a peggiorare con il passare dei mesi. Al di là della tragedia sanitaria, per la quale siamo tutti preoccupati, mi riferisco al nostro settore. A settembre e ottobre si era ripartiti bene, dopodiché si è fermato tutto di nuovo, profilando lo scenario peggiore. Non nego che avevamo puntato di più sull’autunno inverno 2020, anche se le nostre previsioni delineavano un 2020 comunque pregiudicato. Penso che continuerà a esserci un ribasso dei ricavi fino al primo semestre di quest’anno. Speriamo ancora molto nel prossimo autunno inverno, anche se è presto per dirlo, vista la situazione. Purtroppo nella moda gli effetti negativi si ripercuotono nei sei mesi successivi. L’unica certezza è che la campagna vendite ha luogo in un momento difficile, ma le consegne nei negozi avverranno in un periodo migliore. Alla fine risulterà che le aziende sane saranno meno sane e quelle già in difficoltà avranno ancora più problemi.

Lo scorso ottobre avete inaugurato due nuovi monomarca in Cina, uno a Pechino e uno a Shangai. Era un’operazione già in programma o avete deciso di accelerare i tempi, dato il momento?

Avevamo già in programma sia quest’operazione che l’e-commerce. Se non fosse arrivata la pandemia, entrambe le attività sarebbero state avviate nel corso di quest’anno. Essendo già a buon punto, abbiamo deciso di accelerare su entrambi i fronti. Abbiamo intuito che l’Asia sarebbe uscita prima di noi dalla crisi, con una conseguente accelerazione del mercato. Inoltre i cinesi, non potendo più viaggiare, consumano in loco. Herno aveva già un pubblico di clienti cinesi, che acquistava i capi mentre era in viaggio. Si tratta di un popolo che è molto curioso quando viaggia, più degli arabi o dei russi, per esempio. Avevo già scelto le location dei due negozi nel 2019, per cui è stato abbastanza semplice per il nostro partner in Cina aiutarci a portare avanti il progetto a distanza. Da anni ci dicevano tutti di aprire dei punti vendita nel paese, ma c’è voluto del tempo per trovare il partner giusto.

Per quanto riguarda l’e-commerce, invece, quanto pensa che sarà rilevante per il vostro pubblico, a emergenza finita?

L’e-commerce è oggi il veicolo che funziona meglio e continuerà a avere un ruolo importante. La pandemia ci ha fatto accelerare dei progetti che erano già in atto, ma credo che, una volta tornati alla normalità, saranno ridimensionati. Lo abbiamo visto anche durante le ultime campagne vendite, nonostante l’elevato numero di appuntamenti virtuali, per ovvie ragioni, chi è riuscito è venuto in showroom di persona. In sintesi, quando tutto questo passerà si tornerà nei negozi. L’e-commerce continuerà a essere più importante di prima ma, per il segmento dei capispalla, non credo potrà essere preponderante. Ci sono altri settori che traggono più vantaggi dall’e-commerce. Da questo punto di vista, la situazione va affrontata con atteggiamento sensibile nel breve termine. Quello che si pensava ieri potrebbe essere diverso oggi. Per questo è necessario ragionare sui due fronti, ovvero sia sul medio che sul lungo termine, invece di pensare a stravolgimenti eccessivi. Di sicuro, ci sono delle prassi che resteranno anche in futuro, come le riunioni in versione digitale e tutto ciò che produce benefici in termini di efficientamento.

In dicembre ha inaugurato a Torino Green Pea, il primo department store dedicato al green a 360°, un’idea di Oscar Farinetti, dove Herno ha uno spazio importante. Quanto sarà rilevante la sostenibilità per i consumatori, in futuro?

Anche in questo caso eravamo già pronti, prima di essere contattati da Farinetti, con un concept dedicato. La sostenibilità è un tema sul quale ragioniamo dal 2010, fino alla messa a punto della linea Herno Globe. La linea è stata il punto di arrivo di un processo che è partito allora, quando abbiamo reso la nostra fabbrica a impatto zero, grazie a un impianto fotovoltaico autonomo. Non è semplice far arrivare al consumatore finale il concetto di sostenibilità. Per noi è diventato una filosofia aziendale, di cui siamo orgogliosi. Globe riassume questa filosofia. Il nome stesso della linea è importante perché ingloba il concetto e fa riferimento alla terra. Come dicevo, quando Oscar mi ha contattato eravamo già pronti con il progetto e anche con il concept per i negozi, dal layout totalmente nuovo all’arredamento in legno. Trovo che l’idea di un mall dedicato alla sostenibilità sia geniale. Credo che il consumatore sia attento ai prodotti sostenibili quando non costano troppo di più degli altri. Alcuni sono più attenti di altri, anche se per quanto riguarda i giovani credo che questo sia vero fino a un certo punto. Bisogna poi distinguere tra i brand quelli che fanno della sostenibilità uno show e quelli che sono sostenibili davvero. La sostenibilità vera è legata al prodotto, alla base c’è la chimica. Per esempio, l’impermeabilizzazione sostenibile ancora non ha le stesse performance di quella tradizionale. Bisogna comunque partire dall’educazione del consumatore, perché questo è un tema in progress che dovrebbe avere come punto d’arrivo la sostenibilità come standard generale. Il processo produttivo è l’ultima fase della filiera e non è estremamente inquinante, la vera questione è legata alla sostenibilità delle materie prime. In questo momento di difficoltà le aziende sono costrette a valutare attentamente quali investimenti fare, per cui il processo green potrebbe subire dei rallentamenti. D’altra parte, chi ci governa intende stanziare diverse risorse del Recovery Fund europeo su questo sviluppo. Per questo è bene essere pronti, iniziando a formare i ragazzi in questa direzione.

Parliamo di Pitti Uomo, la fiera di riferimento della moda maschile che, anche questa stagione, si è potuta manifestare soltanto online, sulla piattaforma Pitti Connect

Sino alla fine di ottobre credevamo di poter mettere in piedi una manifestazione fisica, che comunque non avrebbe potuto avere le dimensioni alle quali eravamo abituati, nemmeno nella migliore delle ipotesi. Ci siamo comunque organizzati in anticipo su diversi scenari, vista l’incertezza della situazione. Abbiamo provato a posticiparla di un mese, mantenendo però le date di gennaio per l’inaugurazione della piattaforma digitale. Purtroppo, subito dopo è arrivato il DPCM che annullava qualsiasi possibilità anche per febbraio. Questo dovrebbe dare la dimensione al nostro governo di quanto sia in difficoltà il nostro settore. La moda è stagionale e ha per questo motivo delle scadenze precise. Abbiamo quindi presentato le collezioni autunno inverno 2021 online, su Pitti Connect e, personalmente, mi ha fatto uno strano effetto non passare la prima settimana lavorativa di gennaio a Firenze, come è successo negli ultimi 40 anni. Quando quest’emergenza sarà finita la moda maschile tornerà a Fortezza da Basso, perché non si può fare a meno della fiera fisica, ma non rinunceremo all’elemento digitale che abbiamo sviluppato con Pitti Immagine, perché si è rivelato un modo per allargare la platea.

Che consigli si sente di dare a chi gestisce un’azienda giovane per sopravvivere a questa situazione inedita?

Nel suo piccolo un giovane deve oggi puntare su idee nuove, sia per quanto riguarda il prodotto che per le modalità di distribuzione. Se da un lato è vero che l’innovazione del prodotto rischia di essere costosa, per quanto riguarda la distribuzione l’ideale è affidarsi completamente al digitale. Il modo di coinvolgere clienti giovani del resto cambia continuamente, per cui è essenziale lavorare su qualcosa che li riguarda e interessa direttamente. Una volta i giovani imprenditori si ispiravano ai più grandi. Oggi mi sento invece di raccomandare: “Non prendete esempio dai grandi.”