IL DESIGN AL SERVIZIO DELLA SOCIETÀ

Incontro con Emanuele Soldini, Direttore di IED Italia, istituto che da sempre costituisce un ponte che collega le imprese e i giovani creativi, per parlare del futuro e di come contribuire a rilanciare il Made in Italy. (Di Dafne Funeck)

IED si trova oggi a affrontare una grande sfida e per farlo sta mettendo in campo tutte le energie disponibili, per trasformare i vincoli in opportunità e occasioni di miglioramento, a partire da una nuova frontiera della formazione, in modo da venire incontro alla necessità di mettere il design al servizio della società. Ci spiega tutto il direttore Emanuele Soldini.

Come questa pandemia ha impattato sulla didattica?

Devo dire che è stata una grande sfida che naturalmente ha riguardato tutte le scuole di ogni ordine e grado, ma ne siamo usciti molto bene. Dal 9 marzo 2020 abbiamo attivato la Smart School, la didattica di IED è entrata in modalità FAD, formazione a distanza, seguendo la suddivisione canonica fra lezioni teoriche e pratiche o di laboratorio, attraverso lezioni in streaming e tutoring online. Poi, per cercare di simulare il più possibile se non l’esperienza almeno le attività di laboratorio, abbiamo realizzato pillole video, le IED Tips, registrate nei laboratori, che illustrano lavorazioni e uso di macchinari, in sostanza consigli, trucchi e suggerimenti per la realizzazione di oggetti, abiti o gioielli, presentazioni o magari paesaggi sonori, con l’obiettivo di andare a ridurre il gap esperienziale degli studenti, causato dal lockdown, e costruire allo stesso tempo la base della futura Biblioteca digitale delle lavorazioni, che diventerà un patrimonio essenziale di IED. Fra le IED Tips della Scuola di Arti Visive c’è quella in camera oscura, per Moda ovatte e piumini o costruzione Fly, per Design filo a caldo e saldatura a stagno, ma anche più semplicemente come si tiene una lima in mano per riuscire a essere precisi. Al momento ne abbiamo pianificate circa 200 ma sono destinate a crescere. Per seguire le disposizioni del governo in materia di sicurezza sanitaria e per garantire pari opportunità a tutti, compresi gli studenti che non possono ancora tornare nella sede dove si tiene il loro corso, le prossime tesi saranno discusse da remoto. L’obiettivo però era anche quello di garantire che i nostri studenti potessero diplomarsi nei tempi stabiliti e per questo la sessione estiva ordinaria si è aperta il 13 luglio e si è allungata, con una pausa ad agosto, fino al 30 settembre. Sembra tutto facile a raccontarlo, ma in verità è stata un’esperienza molto impegnativa per tutti, docenti, studenti e staff, un’esperienza che ha insegnato tanto e, naturalmente, ora siamo tutti più consapevoli e preparati ad affrontare i prossimi mesi.

Come è strutturato l’assetto didattico per questo anno accademico?

L’assetto complessivo della nostra scuola è variato. Non è più soltanto una questione legata all’emergenza sanitaria, ma alla necessità di mettere in campo un modello per domani, che possa garantire e dare maggior forza all’esperienza laboratoriale, ma nello stesso tempo possa produrre un nuovo modo di gestire gli spazi e la nostra community. La didattica è stata impostata in forma blended. Le attività in presenza nelle aule e nei laboratori, nel pieno rispetto delle regole e della sicurezza personale, vengono comunque rese usufruibili anche in streaming, sincrono e in alcuni casi asincrono. Al contrario, ci sono contenuti che vengono gestiti per la gran parte a distanza, ma integrati con incontri presenziali, per tutto l’anno accademico, quando la situazione sanitaria ce lo consente. Abbiamo lavorato a un nuovo modello che possa prendere ciò che di buono e inaspettato abbiamo imparato nel corso del precedente lockdown, per innovare il modello e proiettarci nel prossimo decennio.
Gli spazi dedicati all’attività didattica stanno cambiando faccia. Il distanziamento sociale impone parametri di sicurezza personale del tutto nuovi. IED sta trasformando molte aule in spazi laboratoriali, perché nel nostro modello non si può rinunciare all’esperienza sul campo, al learning by doing. Abbiamo deciso di investire in una nuova sede dedicata alla scuola Postgraduate che racchiude i corsi Master, ovvero i corsi di più alto livello formativo dell’istituto, e i corsi di Formazione Continua, 3.000 metri quadri a Milano in Via Piranesi, nella sede dei Frigoriferi Milanesi, all’ultimo piano. Abbiamo deciso di gettare la palla avanti e di investire, perché crediamo nel futuro della nostra istituzione. Insomma, siamo entrati in un periodo che definirei Fronte Sperimentale,  nel quale avremo modo di disegnare la nuova frontiera della formazione. Ci crediamo.

Sostenibilità, rilancio del Paese e valorizzazione del Made in Italy. Come si interseca l’attività di IED in questo scenario?

IED è nato per questo. Una scuola che non esisteva, fuori dagli schemi, fuori dal mondo accademico, che nasce a Milano per la scommessa di un giovane uomo di 24 anni, che immaginava di poter formare le figure emergenti e le nuove professioni. Era il 1966 e lui era Francesco Morelli. In Italia non c’era nulla. Non esistevano facoltà di design o di moda. Non esisteva un processo di decodifica della tradizione perché, intendiamoci, il design come linguaggio è nel DNA di questo nostro Paese, ma non era decodificato. Era nelle cose, ma non esistevano scuole, metodologie trascritte e modelli di riferimento. IED è stato molto più che interprete del Made in Italy ,ha formato intere generazioni di creativi, che hanno dato vita al successo del nostro Paese in queste discipline, e questo è stato possibile perché a quel tempo una generazione nuova di imprenditori si è affacciata sul mercato e ha dato avvio a questo nuovo profondo movimento che cercava innovazione. Per rispondere alla sua domanda, IED è esattamente centrato sul tema, siamo qui per contribuire in modo sostanziale al rilancio del Paese.

Che ruolo avrà il design nello scenario post Covid-19?

Il design è innanzitutto un’attività di pensiero. Esplicita la capacità dell’umanità di progredire, di innovare, di trovare soluzioni in ogni contesto. Progettare vuol dire andare avanti per immaginare nel futuro quello che oggi non c’è. Per questo da un lato la domanda è oziosa. La creatività legata al progetto ha un ruolo determinante per superare qualsiasi potenziale difficoltà, a maggior ragione dopo una pandemia. Designer è chi prefigura soluzioni inaspettate, mai percorse, per superare problemi semplici o complicati in modo naturale o complesso. Chi fa design di solito mette la freccia per sorpassare, perché vede più lontano. Per questo mi aspetto molto dalla comunità dei creativi del mondo, abituati a affrontare temi e situazioni mai vissute prima.

Come pensa sarà possibile ridisegnare il futuro della moda?

Ma soprattutto chi ha detto che ci sia bisogno di ridisegnare la moda? Per me sarà un processo assolutamente naturale. La moda è lo specchio della società. Cambia, si adatta, determina, recupera, segue l’istinto e rimodella il passato. La moda ci accompagna nell’evoluzione, determinando modelli di comportamento effimeri o duraturi. Non c’è regola. Non c’è dogma. Non credo sia necessario farsi troppe domande. La moda esiste, ne abbiamo bisogno e continuerà a essere espressione di un’arte particolare, dedicata a valorizzare il genere umano che progredisce.
L’umanità si veste e si decora da sempre in modo distintivo. Continuerà a farlo e noi, in Italia, vogliamo continuare e continueremo a essere maestri.