INTERVISTA A MARCELLO TORTORA

Il Ceo dell’agenzia di comunicazione Medias Srl, Marketing Manager di Fracomina e, da novembre 2019, membro comitato promotore del partito politico Azione, approfondisce la sua ricetta per affrontare il ritorno all’attività della moda, dopo i mesi di stop forzato.

Nelle settimane di lockdown si è fatto a gara in termini di ricette su come affrontare questa crisi e uscirne. Secondo lei la moda sta andando nella giusta direzione?

Sì, da un lato in TV si sono sentiti proclami di salvataggio, si è parlato addirittura di miliardi. La realtà richiede invece un’analisi sul punto della situazione. La verità è che gli imprenditori stanno lavorando in autonomia, superando le tempistiche del governo e anticipandolo. Stiamo mettendo in atto dei protocolli sanitari più severi di quelli indicati dal governo. Ragioniamo, in generale noi italiani abbiamo un senso dell’igiene ben diverso da quello della maggioranza degli altri paesi. Per questo bisogna partire dal protocollo del buon senso. È innanzitutto fondamentale non prendere in giro i consumatori. Si sarebbe dovuto ragionare sulle riaperture dall’inizio del lockdown, soprattutto a quelle dei negozi. Quando si darà il via da un giorno all’altro sorgeranno dei problemi. Il governo è stato distratto da una comunicazione retorica con la conseguente assenza di una visione del futuro. Il proprietario di un brand come Fracomina, dopo aver dovuto rivoluzionare tutto, ha bisogno di far vedere il futuro ai suoi agenti. Le banche sono ancora assenti all’appello, mentre ci sono alcune categorie che avranno bisogno di finanziamenti a fondo perduto, a partire dai piccoli negozi. Le collezioni primavera estate 2020 ora in commercio sono state progettate un anno fa, con un criterio di comunicazione non adatto a questo presente inedito. I nuovi consumatori cercheranno dei capi essenziali e duraturi. Per questo se alla riapertura ci sarà la shopping revenge, le collezioni non saranno in grado di sostenerli psicologicamente. Oggi stiamo progettando l’autunno inverno con una modifica strutturale delle collezioni. Le imprese stanno procedendo da sole per adattarsi alla nuova situazione. Per quanto riguarda la sicurezza, non tutti sanno che ci sono già delle misure per tutte le merci provenienti dall’estero. Tutti i capi che arrivano dalla Cina devono essere sottoposti al tunnel del vapore per esempio. Questo per dire che abbiamo delle norme di sicurezza già in atto che vanno comunicate.

Lei ha definito cinque punti essenziali per la ripartenza del settore, a cominciare dal “salto tecnologico”. Di cosa si tratta?

Per alcuni questo è già realtà. La realizzazione di un campionario fino a qualche anno fa era il risultato di un numero infinito di fasi e soprattutto viaggi. Le aziende di cui mi occupo hanno dimezzato queste fasi grazie all’utilizzo dei cartamodelli virtuali, mentre prima era necessario fare delle prove fisiche sulla propria modella di riferimento. Questo per dire che la tecnologia è già entrata a gamba tesa nell’abbigliamento, va solo utilizzata di più. Anziché fare mille viaggi in aereo, si possono tranquillamente fare gli incontri in videochiamata con la tecnologia HD, come abbiamo imparato tutti durante il lockdown. La sede di Fracomina è a Nola, l’ufficio stile a Como e la produzione in Cina e, grazie alla tecnologia, non ci siamo mai fermati. Dal punto di vista commerciale, per interagire con agenti e proprietari di negozi, le piattaforme B2B hanno reso possibile dimezzare gli incontri di persona. Fracomina dispone oggi di uno showroom virtuale, che utilizza le tecniche più innovative, in grado di provocare emozioni. Per esempio abbiamo fornito ai clienti un kit con delle cuffie audio di qualità, perché anche i suoni hanno importanza in una presentazione.

Veniamo ai protocolli di sicurezza, che devono essere applicati a tutte le fasi, inclusa l’ultima, la vendita al dettaglio.

Nei negozi dei marchi di cui mi occupo abbiamo deciso di utilizzare una pistola per la sanificazione dei capi che sono stati provati o resi di facile utilizzo. Sarebbe inoltre buona norma mettere il capo in questione in quarantena, per così dire, ovvero lasciarlo all’aria per un giorno. Dobbiamo convivere con questa realtà in una condizione di sicurezza, chi ha un negozio lo sa bene. Personalmente sono molto fiducioso, anche se all’inizio ci sarà un momento di confusione.

Un altro dei suoi “punti” riguarda la “reputation” dei brand. Cosa intende esattamente?

Questo lockdown ha causato un trauma psicologico collettivo. Usciremo tutti diversi da questa situazione e questo si rifletterà sulle modalità di acquisto. Solo le aziende che hanno già una reputation riusciranno a entrare nel futuro con mezzi nuovi. Sarà necessario comunicare concretezza. Il marketing 4.0 sarà una versione digitale del passaparola. Non si tratterà più di follower ma di amici del marchio, con i quali le aziende dovranno imparare a comunicare direttamente. Sarà l’evoluzione delle dirette Instagram di questo periodo di quarantena. È però fondamentale che l’azienda utilizzi dei portavoce qualificati e attendibili. Sono tutte operazioni che porta mettere in atto solo chi ha un’identità forte e riconosciuta. Lo stesso discorso si può applicare alle boutique, che dovranno imparare a interagire il più possibile con i clienti. Gli addetti alla vendita devono diventare dei consulenti di immagine per i clienti, che devono diventare dei follower del brand.

A proposito dei punti vendita, lei suggerisce di aumentarne l’omnicanalità, giusto?

Già nel futuro immediato saremo obbligati a determinate azioni, Dando vita a progetti reali che cambino o rafforzino la capacità delle aziende di esprimere la propria missione in modo strategico su tutti i canali, on & offline. Non può crescere il digital se non si integra con una experience reale e fisica. Ecco perché va immaginata la trasformazione di alcuni store in salotti di prova, dove poter far vivere l’esperienza anche in modo virtuale, con tecniche 3D e ologrammi e con i prodotti spediti direttamente a casa. Questa strategia si traduce con minor costi di magazzino, di personale e di spazi, e con un recupero del concetto di bespoke, attraverso la forza vendita che funge da personal shopper, o con servizi di fashion stylist virtuali e funzioni di click & collect.