L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI OTTAVIO

Incontro con Ottavio Missoni, President USA dell’azienda di famiglia, che si racconta dal punto di vista personale e lavorativo

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Oltre ad avere un cognome importante, hai anche un nome proprio importante. Cosa significa per te?

La cosa è innanzitutto simpatica, perché in passato mi sono successe cose imbarazzanti per questo. A partire dal “credevo che Missoni fosse più anziano”, per arrivare a qualcuno che pensava che lo stessi prendendo in giro. E’ successo con le forze dell’ordine, per esempio, quando mi è stato chiesto il documento di identità, che io non avevo con me. Ho sempre visto mio nonno come la figura d’arrivo, quello che avrei voluto diventare. Non parlo del lavoro, ma dal punto di vista personale. E’ riduttivo dire che sono onorato di portare il suo nome.

Missoni è da sempre un brand in testa ai giochi. Il segreto di questo successo è che si tratta di un’azienda di famiglia, nel vero senso della parola?

Senz’altro le due cose sono connesse. Purtroppo, per necessità, succede che a volte le aziende vengano acquistate da grandi gruppi. Io sono orgoglioso di far parte di una delle poche realtà dell’eccellenza nostrane. Siamo tutti personalmente legati al marchio. I concetti di casa e azienda si intersecano. Tutte le sistuazioni domestiche sono legate alla quotidianità aziendale. Nessuno di noi si è sentito obbligato a entrare a far parte della Missoni.

Sei stato il testimonial della collezione maschile. Quant’è importante oggi “metterci la faccia” in questo business?

Fa parte del concetto di casa bottega. Ancora prima del brand Missoni c’è la famiglia Missoni. E’ quasi spontaneo per noi fare i testimonial. Nessuno come noi indossa Missoni così naturalmente. Da questo punto di vista siamo tutti ambasciatori del marchio. Difficilmente portiamo qualcosa di diverso. Da piccoli facevamo i testimonial delle linee bimbo. Più recentemente, siamo stati tutti protagonisti di una campagna. Gli scatti erano stati realizzati in casa, durante un pranzo di famiglia, una rappresentazione del Missoni lifestyle.

Cosa rappresenta l’America per Missoni? Ci sono delle differenze rispetto all’Italia in termini di target, per esempio?

Gli Stati Uniti sono uno dei primi mercati esteri. Siamo presenti in USA da tantissimi anni, con fatturati grossi. Non direi che ci siano differenze di percezione del brand. Nonostante abbia superato i sessanta anni è sempre riuscito a rinnovarsi e a essere contemporaneo, grazie al coinvolgimento delle giovani generazioni e alla fidelizzazione del pubblico. Del resto, ormai, il mondo è globalizzato e paesi lontanissimi si assomigliano, grazie al fatto che si viaggia e, soprattutto, alla rete. La differenza principale del mercato americano sta nella forza dei department store. E’ solo una questione legata alla distribuzione.

Sappiamo della tua passione per le moto. Hai altri hobby?

Anche troppi, dalla pesca al surf. Il mio tempo libero è sempre legato a attività sportive.

Dicevi che in genere sei vestito Missoni. Hai dei capi preferiti? C’è un pezzo che non può mai mancare nella tua valigia?

Ognuno di noi della terza generazione indossa Missoni in modo diverso. Mio fratello utilizza gli abiti, mio cugino i cardigan grossi, mentre io sono un mix di classico e sportivo. Mi piacciono le giacche non strutturate, soprattutto quelle in maglia, che uso tantissimo. Sono eleganti e casual e sono in grado di coprire una discreta varietà di eventi. Soprattutto, non si stirano. Non posso fare a meno delle calze Missoni. Anche quando indosso abiti di altri marchi, non ci rinuncio. Non indosserei mai calze blu basic.

Progetti per il futuro e nuovi obiettivi, sia personali che lavorativi?

Lavorativamente, c’è sempre qualcosa di nuovo, dalle opportunità di nuove collaborazioni all’ingresso in nuovi mercati. Ci sono molti progetti in ballo ma, essendo scaramantico, preferisco tenerli per me. Anche dal punto di vista personale ho qualcosa di grosso che bolle in pentola, che coinvolge il mondo della moto.

(Foto di Simone Battistoni)